«Non dobbiamo fuggire dalla fragilità. Dobbiamo imparare a gestirla. Da anni faccio psicoterapia una volta a settimana ed è un gioco bellissimo. Sono libero di imparare come giocare con i miei pensieri, come gestirli. Ho combattuto battaglie con me stesso. Ho avuto difficoltà a gestire le pressioni che questo mestiere comporta, anche se mi ritengo fortunatissimo a poterlo fare. Ovviamente il lavoro lo fai tu, non la terapeuta. La maggior parte del lavoro lo fai quando esci da lì, quando il tuo cervello mette in riga i pensieri. Sta poi a te provare a nuotare e a cambiare fino ad allenare la propria emotività a reggere la pressione».
Scrive Eugenio Borgna:
«La fragilità non è un marginale e fastidioso aspetto dell’essere umano. Costituisce invece una caratteristica fondamentale del tessuto che rende “umano” un essere vivente».
(Come in uno specchio oscuramente. Feltrinelli).

«Non dobbiamo fuggire dalla fragilità. Dobbiamo imparare a gestirla. Da anni faccio psicoterapia una volta a settimana ed è un gioco bellissimo. Sono libero di imparare come giocare con i miei pensieri, come gestirli. Ho combattuto battaglie con me stesso. Ho avuto difficoltà a gestire le pressioni che questo mestiere comporta, anche se mi ritengo fortunatissimo a poterlo fare. Ovviamente il lavoro lo fai tu, non la terapeuta. La maggior parte del lavoro lo fai quando esci da lì, quando il tuo cervello mette in riga i pensieri. Sta poi a te provare a nuotare e a cambiare fino ad allenare la propria emotività a reggere la pressione». Queste le parole pronunciate dal cantante Marco Mengoni durante una recente intervista.
 
Fragility
 
Nonostante la società attuale spinga a nascondere nell’Ombra la fragilità – per usare un termine caro a Jung – la Psicanalisi e la cultura umanista spinge l’uomo a incontrare la fragilità in un abbraccio. Questo per permettere a noi stessi una visione più ricca e completa della realtà di ciascuno di noi e del mondo intorno a noi. Questo lavoro di riconoscimento della propria e dell’altrui fragilità ci permette anche di trovare gli strumenti per gestirla e scoprire le risorse necessarie in caso avessimo bisogno di compensarla. Inoltre, questa consapevolezza ci offre una grande possibilità: quella di sostenere chi ci sta accanto e quella di imparare a chiedere aiuto e supporto quando necessario, evitando conseguenze più gravi.

La fragilità appare dunque come una virtu’ che appartiene al genere umano: ciascuno di noi è fatto anche di un nucleo fragile e dunque essa costituisce un comune denominatore in grado di farci sentire meno soli poiché la fragilità è un qualcosa che si condivide con l’altro: giace dentro ciascuno di noi, se la si contatta dentro di sé allora si contatta anche la fragilità dell’altro, in un abbraccio fraterno che rende più facile riconoscere l’altro e procedere insieme. Questo sentirsi per sentire l’altro apre all’Empatia.
La fragilità diventa allora desiderio di ascolto, di gentilezza, di servizio a sé e agli altri, ben lontana dall’ indifferenza.

Fragilità deriva dal verbo latino Frangere, rompere, frantumarsi, spezzarsi. Il rompere strutture rigide è il primo passo per dare vita al cambiamento: spezzare la coazione a ripetere, per usare parole di Freud, ci spinge sulla strada della guarigione che passa inevitabilmente dal cambiamento. Ecco quindi che affrontare la fragilità, sentirsela, accoglierla dentro di sé insieme alla rottura di un mondo esterno che riflette anche un mondo interno, necessita di quella forza che lo scoprirsi fragile porta con sé. La fragilità diventa qui la forza che permette all’uomo di andare avanti e rinascere a se stesso.

“La fragilità di un essere umano è una condizione preziosa per entrare nel proprio stato naturale di Libertà. Da quando nasciamo ci fanno credere il contrario; veniamo educati a generare una forza non reale che è solo Rigidità, resistenza alla vita”
(Alice Miller).